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Riforma del condominio


Studio Pascolla Gianluca

 

Iscritto all’ ANACI n. 16655

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70019 Triggiano (Ba)

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LA RIFORMA DEL CONDOMINIO

 

La nuova  Riforma è ricca di lunghi articoli non di semplice interpretazione e certamente di ardua applicazione, a volte pleonastici.

Circa la figura dell’amministratore condominiale, non v’è

chi non veda come costui da tempo sia destinatario diretto di precetti

legislativi (sicurezza cantieri, fiscalità, ecc.) e contestualmente chiamato a

compiti sempre più ampli e complessi e, contestualmente, sia privo di

strumenti efficaci per poterli svolgere compiutamente anche in fattispecie in

cui l’interesse tutelato dalla norma travalica i confini della mera comunità

condominiale (ad esempio: adeguamento a norma degli impianti comuni),

permanendo la sovranità dell’assemblea nel c.d. potere di spesa.

 

L’art. 1117  (derogabile) al primo comma prevede la comproprietà dei beni e dei servizi

elencati ai successivi n. 1, 2 e 3 anche con riferimento alla fattispecie della

multiproprietà, aggiungendo alla parola proprietari la frase: “anche se aventi

titolo a godimento periodico”.

Ai beni comuni vengono aggiunti: “i pilastri e le travi portanti” (c’era proprio

bisogno di dirlo?), e “i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e

funzionali, all’uso comune” (giurisprudenza costante).

Viene introdotto l’art. 1117 bis che codifica, al primo comma, la nozione di

supercondominio, prevedendo l’applicabilità a tale fattispecie delle norme

condominiali (anche qui in recepimento di costante giurisprudenza).

L’art. 1117 ter è di rilevante portata contemplando la possibilità da parte

dell’amministratore condominiale, sia pure con una maggioranza dei 4/5 dei

partecipanti al condominio e del valore dell’edificio, di modificare la

destinazione d’uso di parti comuni, attraverso un particolare iter procedurale.

Tale norma, d’un lato fa chiarezza circa le maggioranze utili per innovazioni

di quella natura, oggetto di grandi controversie giurisprudenziali e dottrinali

e, dall’altro, apre alla possibilità della loro adozione “per soddisfare esigenze

di interesse condominiale”, espressione che si dovrà valutare nella sua

corretta portata.

L’art. 1117 quater sembra del tutto superfluo, visto che facoltizza

l’intervento dell’amministratore e dei condomini anche in via giudiziaria allo

scopo di far cessare attività che incidono negativamente ed in modo

sostanziale sulle destinazioni d’uso delle parti comuni.

Peraltro, non si intende perché mai l’assemblea, a fronte di una attività

dannosa ed illegittima debba deliberare in argomento con una maggioranza

particolare quale quella costituita dalla maggioranza degli intervenuti che

rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio.

 

L’art. 1118,  (inderogabile) nello stabilire che il diritto di ciascun condomino sulle parti

comuni è proporzionale al valore dell’unità condominiale che gli appartiene,

aggiunge ora: “tenendo conto delle destinazioni d’uso strutturali e

funzionale” (primo comma).

Orbene: di tali destinazioni si era già tenuto conto, sino ad oggi, nella

redazione delle tabelle millesimali; ora si apre il tema relativo al loro

eventuale mutamento ed alle conseguenze che esso può involgere in

relazione alle carature millesimali.

Il quarto comma della norma in esame ammette la possibilità del distacco

delle unità dall’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento,

sposando la pacifica giurisprudenza in materia, tanto che pone quale

condizione la necessità che dal distacco non derivino notevoli squilibri di

funzionamento per l’impianto centralizzato e aggravi di spesa per gli altri

condomini, ed onera il distaccante dal pagamento delle sole spese di

manutenzione straordinaria, di conservazione e di messa a norma

dell’impianto.

Viene in tale modo vanificato, in qualche misura, il disposto di cui al D.P.R.

59 del 2/4/2009 che, per contro, affermava essere preferibile il

mantenimento di impianti termici centralizzati salvo casi di comprovate

esigenze tecniche o di forza maggiore (art. 4 punto 9).

Irrisolta permane la questione della ipotetica disparità che potrebbe

insorgere tra il primo distaccante ed i successivi in termini di diverse

conseguenze per il funzionamento dell’impianto centralizzato e quindi in

termini di diritto stesso al distacco.

 

L’art. 1119 (inderogabile) pone un ulteriore limite alla divisibilità delle parti comuni

dell’edificio, aggiungendo tra i requisiti quello del consenso di tutti i

partecipanti al condominio (il che era comunque evidente anche in

precedenza).

 

L’art. 1120 (inderogabile) si occupa delle innovazioni consentendo la loro delibera da parte

dell’assemblea con la maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno

la metà del valore dell’edificio e non più con la maggioranza dei partecipanti

al condominio che rappresenti i due terzi del valore dell’edificio, allorché

queste siano destinate al miglioramento della sicurezza e della salubrità del

fabbricato e degli impianti, od al superamento delle barriere architettoniche,

al contenimento energetico, alla realizzazione di parcheggi condominiali,

all’adozione di fonti rinnovabili di energia, all’installazione di impianti

centralizzati per la ricezione radiotelevisiva o di qualsiasi altro flusso

informatico.

Utile è, senza meno, l’avere finalmente chiarito le maggioranze necessarie

per l’adozione delle innovazioni mirate al contenimento energetico.

 

L’art. 1122 ( derogabile) non presenta particolari novità se non alcuni aggiustamenti

lessicali.

L’art. 1122 bis viene destinato alla disciplina degli impianti non centralizzati

di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili

ammettendone l’adozione purché essi rechino il minor pregiudizio alle parti

comuni e rispettino il decoro architettonico dell’edificio.

Si apre la possibilità di fruire di tutte le parti comuni idonee per la

collocazione di tali impianti e non solo del lastrico solare, anche mediante

modifiche ad esse che andranno valutate dall’assemblea cui viene

demandato il compito di ripartire tra i condomini l’uso delle parti comuni.

La formulazione adottata sembra non felicissima, perché a fronte di un

evidente favor a vantaggio di chi intende adottare impianti per la produzione

di energia da fonti rinnovabili, lascia per contro l’assemblea un potere di

sindacato e di condizionamento che mal si concilia con la citata prospettiva.

Art. 1122 ter Il nuovo articolo si occupa della videosorveglianza, ossia

dell’adozione da parte dell’assemblea di una deliberazione circa

l’installazione sulle parti comuni di impianti volti a consentire la

videosorveglianza su di esse.

La maggioranza è quella del secondo comma dell’art. 1136.

Non vengono punto sciolti i molti nodi riguardanti la installazione di impianti

di videosorveglianza ad opera di singoli condomini.

 

Art. 1124 (derogabile) Nella disciplina dettata dall’art. 1124 per la ripartizione delle spese

di manutenzione e ricostruzione delle scale, rimasta immutata, entrano di

diritto gli ascensori che vengono così parificati, quanto agli oneri, alle scale.

 

Art. 1126 (derogabile)  la modifica riguarda la parte di spesa, i 2/3, che era prima prevista

a carico dei soli condomini le cui unità sono sottostanti al lastrico ad uso

esclusivo; ora si prevede che alla spesa dei due terzi partecipino

indistintamente tutti i condomini, quindi anche coloro le cui unità non sono

sottoposte al lastrico (compreso anche chi ha l’uso esclusivo?).

 

Art. 1129 (inderogabile) Le novità in materia di amministratore di condominio sono più

d’una.

Anzitutto la sua nomina è resa obbligatoria allorché i condomini sono più di

otto, anziché più di quattro come in precedenza.

Non si intende la valenza di tale modifica, atteso che l’opportunità della

nomina di un amministratore per il fabbricato può ben sussistere anche nel

caso in cui i condomini siano soltanto due (magari proprietari di molte unità

ciascuno); meglio sarebbe stato prevedere la possibilità del ricorso

all’Autorità Giudiziaria, da parte di ciascun condomino, allo scopo di ottenere

la nomina di un amministratore, in tutti i casi in cui la presenza di un

amministratore fosse ritenuta utile per la gestione dei beni e dei servizi in

comune.

Con favore va invece accolta l’introduzione della possibilità che a presentare

il ricorso possa essere anche l’amministratore dimissionario, altrimenti

destinato, nell’inerzia dei condomini ed in virtù dell’istituto della prorogatio

imperii, a proseguire forzatamente nel mandato.

L’amministratore nominato dall’assemblea o dall’Autorità Giudiziaria dovrà

comunicare i propri dati ai condomini, i suoi recapiti e gli orari utili per

l’accesso ai suoi uffici.

Su richiesta dell’assemblea l’amministratore dovrà stipulare una polizza

individuale, ossia per ogni singolo fabbricato amministrato, di assicurazione

per la responsabilità civile e per gli atti conseguenti all’esecuzione del suo

incarico o, alternativamente, essere coperto da una polizza assicurativa per

la sua attività professionale in generale.

Nel primo caso l’ammontare del massimale di copertura va parametrato al

bilancio consuntivo approvato dall’assemblea ed aggiornato in caso di lavori

straordinari.

Si ritiene che i relativi costi vadano fatti ricadere sul condominio.

Si annota, in via incidentale, che per la prima volta la legge definisce

l’amministratore di condominio come un professionista.

È previsto l’obbligo, peraltro già adottato da molte amministrazioni locali, di

esporre i dati dell’amministratore in ogni singolo fabbricato.

Tale onere viene esteso anche al caso in cui non vi sia un amministratore

ma solo una “persona che svolge funzioni analoghe a quelle

dell’amministratore”, con ciò introducendo di fatto un nuovo soggetto nel

mondo del condominio; ma non si vede quale diverso trattamento possa

essere riservato a costui, ricoprendo egli, sia pure di fatto, la veste di

amministratore.

Ancora una volta facendo proprio l’insegnamento della Corte di Legittimità,

l’art. 1129 obbliga all’apertura di un conto corrente postale o bancario

intestato al condominio; ed i relativi costi graveranno sui condomini.

Urge l’obbligo dell’amministratore alla consegna di tutta la documentazione

in suo possesso, al momento della cessazione dell’incarico, era ius

receptum, ma non si dice a chi essa debba essere affidata ove non venga

designato un nuovo amministratore.

Più delicata è la nuova previsione legislativa per la quale l’amministratore

cessato è tenuto ad “eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi

agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi”.

Non si vede infatti come l’amministratore, che tale non è più, possa agire in

nome e per conto di chi non rappresenta più, e perché mai non debba

essere compensato per attività che ben possono risultare complesse.

L’amministratore è ora tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle

somme dovute dai condomini morosi entro sei mesi dalla chiusura

dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso.

Va allora delibato quale sia il momento della chiusura dell’esercizio, se

quello convenzionale o quello dell’approvazione del consuntivo; mentre può

ben essere che le somme siano esigibili (rateizzazione delle quote) ben

prima della fine dell’esercizio.

Anche la durata dell’incarico ad amministrare muta poiché si prevede che:

l’incarico dell’amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per

eguale durata”.

Che significa? Che gli anni sono divenuti due, o che l’incarico permane sino

a revoca?

Sulla revoca dell’amministratore da parte dell’assemblea si contempla il

nuovo caso che essa possa avvenire “con le modalità previste dal

regolamento di condominio”, facendosi intendere che potrebbe essere

adottata con maggioranze diverse da quelle di legge o con modalità distinte

da quelle della delibera (?).

Fortunatamente si tratta di una norma destinata, con ogni probabilità, a

rimanere lettera morta.

I casi di revoca dell’amministratore ad opera dell’Autorità Giudiziaria

vengono tipicizzati e, a differenza della vecchia dizione dei “fondati sospetti

di gravi irregolarità” di cui al testo previgente, si parla ora della sussistenza

di gravi irregolarità.

Si elenca una serie di ipotesi, appunto di gravi irregolarità.

L’amministratore revocato dall’Autorità Giudiziaria non potrà essere

nuovamente nominato dall’assemblea (a meno della totalità dei partecipanti

al condominio).

Sul compenso dell’amministratore, si dice che questi, all’atto

dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo deve specificare

analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa l’importo dovuto a titolo

di compenso per l’attività svolta.

Al di là del fatto che riesce assai arduo concepire come si possa parlare di

attività svolta all’inizio dell’incarico, si vorrà credere che l’ammontare del

compenso debba essere approvato dall’assemblea o contestualmente alla

nomina o successivamente.

 

Art. 1130 (derogabile) tra le attribuzioni dell’amministratore vengono aggiunti anzitutto gli

adempimenti fiscali, con ciò gravandolo direttamente delle conseguenti

responsabilità sia avuto riguardo alla redazione e presentazione del Mod.

770, sia con riferimento al pagamento delle ritenute d’acconto, alle pratiche

per l’ottenimento delle detrazioni fiscali nei casi previsti dalla legge e

quant’altro.

Oltre al già esistente registro dei verbali delle assemblee, vengono creati

altri tre registri da tenersi a cura dell’amministratore.

Il primo è quello di anagrafe condominiale, contenente i dati dei proprietari,

dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento; i dati catastali di

ciascuna unità immobiliare; i dati relativi alle condizioni di sicurezza.

L’amministratore deve essere notiziato entro 60 giorni di eventuali variazioni

dei dati sopra riportati, in difetto potendo egli stesso acquisire le necessarie

informazioni a spese dei “responsabili” (probabilmente si vuole con tale

ultima parola indicare gli inadempienti).

Ovviamente va valutata con favore l’acquisizione dei dati ora ricordati, ciò

contribuirà a dare certezza della compagine condominiale e della

consistenza dei beni.

Oscuro appare il passo che attiene ai dati sulla sicurezza.

Se ne può inferire che l’amministratore, all’atto dell’avvio del suo mandato,

sia tenuto a far verificare la sussistenza delle condizioni di sicurezza dei beni

comuni, compresi gli impianti, e quindi ad aggiornare periodicamente tale

indagine.

Il secondo registro aggiunto è quello di nomina e revoca dell’amministratore,

da utilizzare per inserirvi le date di nomina e di revoca.

Esso appare del tutto pleonastico, visto che già nel registro dei verbali delle

assemblee tali dati vengono inseriti.

Il terzo registro viene denominato “della contabilità”, in esso vanno annotati,

entro 30 giorni dalla loro effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in

uscita del condominio.

Forse è solo un eccesso di zelo.

L’amministratore dovrà conservare tutta la documentazione inerente alla

propria gestione, non è detto tuttavia se solamente durante la vigenza del

suo mandato od invece anche dopo e per quanto tempo; si trascura di dire

che l’amministratore dovrà in realtà detenere anche la documentazione che

gli è stata trasmessa dal suo predecessore e quindi relativa, ovviamente, a

periodi anteriori alla sua gestione.

Anche questo comma dovrà essere più attentamente valutato.

La convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto annuale

di gestione (si noti che in precedenza era stato utilizzato il termine bilancio)

non deve andare oltre 180 giorni (si ritiene dalla scadenza annuale della

gestione stessa).

L’art. 1130 bis è una norma dedicata a precisare le caratteristiche che deve

rivestire il rendiconto condominiale.

Questo, oltre alle voci di entrate e di uscite, conterrà anche una situazione

patrimoniale del condominio e dei fondi disponibili.

A ciò viene aggiunta una “nota sintetica esplicativa della gestione con

l’indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti”.

Al criterio di cassa, sin qui adottato per la redazione del rendiconto, viene

affiancato il criterio di competenza, e ciò favorirà certamente una migliore

conoscenza dello stato delle cose da parte dei condomini ed una maggiore

trasparenza nel passaggio delle consegne da un amministratore ad un altro.

L’assemblea può nominare un revisore della contabilità condominiale a

spese dei condomini.

Entra nel codice, con l’ultimo comma dell’art. 1130, il consiglio di

condominio, con funzioni consultive e di controllo, ma solo nel caso che

l’assemblea decida di istituirlo, segnatamente come già oggi poteva

accadere.

 

Art. 1134 In luogo del condominio che abbia anticipato spese per beni

comuni nei casi di urgenza in assenza di autorizzazione dell’amministratore

o dell’assemblea, il diritto al rimborso è ora riconosciuto al “condomino che

ha assunto la gestione delle parti comuni”.

Sono forse due modi di esprimere lo stesso concetto, ma la nuova dizione

lascia intendere che la facoltà di sostituirsi all’amministratore ed

all’assemblea da parte del condomino sia divenuta più ampia, in quali

termini è tutto da scoprire.

 

Art. 1135 (derogabile) Rilevante è l’aggiustamento apportato al n. 4 dell’art. 1135 che

così recita: “alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni,

costituendo obbligatoriamente un fondo speciale di importo pari

all’ammontare dei lavori”.

Nasce l’obbligo, dunque, di accantonare previamente le somme necessarie

per l’esecuzione dei lavori deliberati.

Non sarà semplice attuare questa norma, soprattutto allorché le spese

straordinarie rivestano carattere di urgenza.

L’amministratore può essere facoltizzato dall’assemblea a partecipare a

programmi ed iniziative mirate, in sintesi, al miglioramento delle condizioni

dell’edificio.

Si tratta di una mera petizione di principio, essendo evidente, ancora una

volta, che solo l’assemblea ha facoltà decisionali in argomento.

 

Art. 1136 (inderogabile) Il quorum costitutivo dell’assemblea di prima convocazione resta

di due terzi quanto alle carature millesimali ma scende dai due terzi dei

partecipanti al condominio alla maggioranza degli stessi, per quanto attiene

alle teste.

Non cambia il secondo comma la cui applicazione viene estesa anche ai

casi di delibere per far cessare le attività dannose all’utilizzo dei beni

comuni, alle innovazioni di cui al secondo comma dell’art. 1120, all’adozione

di sistemi di videosorveglianza ed all’autorizzazione all’amministratore per la

partecipazione a programmi ed iniziative tesi al miglioramento del fabbricato.

Viene introdotto il quorum costitutivo per l’assemblea di seconda

convocazione, ossia un terzo delle carature millesimali ed un terzo dei

partecipanti al condominio.

Evidentemente si è persa una buona occasione per eliminare del tutto la

prima convocazione.

Muta la maggioranza utile per le deliberazioni in seconda convocazione che

è ora costituita da un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del

valore dell’edificio e della maggioranza degli intervenuti.

 

Art. 1137 (inderogabile) Si precisa che l’impugnativa avverso la delibera può essere

attuata anche dall’assente, nei 30 giorni dalla sua comunicazione; ma già

era così.

È prevista la proposizione di una istanza, diretta all’Autorità Giudiziaria, di

sospensione dell’esecuzione della delibera prima dell’avvio della causa, ma

ciò non sospende il decorso dei 30 giorni per l’avvio di quest’ultima, di talché

sarà opportuno procedere in un unico contesto.

 

Art. 1138 viene aggiunta la seguente frase: “Le norme del regolamento non

possono vietare di possedere o detenere animali domestici”.

Il che, si sa, era comunque pacifico.

Poiché la novella in commento non si occupa del regolamento contrattuale

resta aperta la diatriba circa la valenza di una clausola di tal fatta inserita in

un regolamento contrattuale.

Così come è tutto da definire il concetto di “animale domestico”.

 

Art. 63 disp. att. c.c.

Sorge l’obbligo dell’amministratore di comunicare ai creditori non ancora

soddisfatti, e che ne abbiano formato richiesta, i dati dei condomini morosi.

Il che presuppone, va da sé, che si conoscano con precisione le generalità

dei condomini (ivi compresi i nudi proprietari e gli usufruttuari ove del caso);

tuttavia qualche dubbio sorge circa la dizione stessa di morosità, ben

potendo darsi il caso che il condomino abbia onorato la sua quota di quella

spesa per la quale permane il credito del terzo, e sia invece moroso per altri

capi di spesa.

A loro volta i creditori non possono agire verso i condomini in regola con i

pagamenti se non dopo l’escussione dei morosi.

È, di fatto, un ritorno alla solidarietà delle obbligazioni condominiali, sia pure

temperato dal beneficio dell’escussione.

Ciò non di meno vien da chiedersi in quale misura sarà possibile aggredire i

condomini, siano essi morosi o virtuosi.

È ammessa la facoltà del distacco dell’unità del condomino moroso dai

servizi comuni suscettibili di godimento separato allorché la morosità di

questo si sia protratta per oltre un semestre, anche senza che ciò sia

contemplato nel regolamento condominiale.

Tale distacco “può” (così si esprime il terzo comma del novellato art. 63)

essere attuato dall’amministratore, e ciò non fa che caricare costui di ulteriori

responsabilità: se vi procede si espone a potenziali responsabilità verso il

distaccato; se non vi procede ha potenziali responsabilità verso gli altri

condomini.

Nulla è previsto in caso di servizi per i quali la possibilità dell’interruzione

dipenda dall’attuazione di interventi sugli stessi, ossia si renda necessario

modificarli per impedirne la fruizione al moroso.

Il cedente di una unità in condominio resta obbligato solidalmente con

l’acquirente per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa

all’amministratore copia autentica del titolo di trasferimento del diritto.

Condivisibile questo ultimo comma dell’art. 63 poiché destinato a dare

certezza della compagine condominiale.

 

Art. 66 disp. att. c.c.

L’avviso di convocazione dell’assemblea deve essere effettuato a mezzo di

posta raccomandata, posta elettronica certificata, telefax, od anche con

consegna a mano.

Vengono dunque escluse altre modalità di convocazione.

Solo i dissenzienti rispetto alle deliberazioni assunte dall’assemblea alla

quale non sia stato convocato o tempestivamente convocato il condomino

hanno titolo per proporre l’azione di annullamento o gli assenti non

ritualmente convocati.

 

Art. 67 disp. att. c.c.

Ora la delega da conferirsi al rappresentante deve essere in forma scritta.

Il primo comma del novellato art. 67 prevede se i condomini sono più di venti

il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore

proporzionale.

Ciò significa il condomino le cui unità superino il quinto delle carature

millesimali non potrà delegare.

Nel caso del supercondominio, ove i condomini siano superiori a 60, ogni

fabbricato-condominio dovrà designare un proprio rappresentante

all’assemblea di supercondominio.

In mancanza, ciascun partecipante (a quel singolo condominio) è

facoltizzato a ricorrere all’Autorità Giudiziaria per la nomina di tale

rappresentante.

Il diritto di adire all’Autorità Giudiziaria, per tale nomina, è riservato anche ai

rappresentanti di altri condominii già nominati “previa diffida a provvedervi

entro un congruo termine”; tale diffida ed il ricorso vanno notificati

all’amministratore del condominio inadempiente o, in mancanza di questo, a

tutti i condomini.

È semplice intuire dalla mera lettura di queste disposizioni che la

convocazione di un’assemblea di supercondominio è di ardua attuazione

ove ogni condominio non si attivi tempestivamente e positivamente; è infatti

sufficiente il verificarsi di una qualsiasi delle ipotesi di cui sopra od anche la

mera impugnazione della delibera di nomina del rappresentane di un

fabbricato, per paralizzare l’attività del supercondominio.

Non viene specificato come si formano le maggioranze nell’assemblea di

supercondominio e tanto meno quali siano quelle necessarie per la nomina

del rappresentante del singolo condominio

E tanto è sufficiente a rendere sostanzialmente inattuabile tale novellazione.

Il rappresentante del condominio dovrà ovviamente ottenere previamente

una delibera circa il voto da esprimere nel corso dell’assemblea di

supercondominio, anche se nominato dall’Autorità Giudiziaria.

Affermare poi, come fa il IV comma del nuovo art. 67, che ogni limite o

condizione al potere di rappresentanza si considera non apposto, significa

svuotare di contenuto il fondamentale principio enunciato all’art. 1105 primo

comma c.c., così come richiamato dall’art. 1139, ossia il diritto di ciascun

condomino di partecipare all’amministrazione dei beni e dei servizi comuni.

All’amministratore non potranno essere conferite deleghe né per

l’assemblea di condominio né per quelle di supercondominio.

Anche in argomento viene da chiedersi se tale disposizione debba trovare

applicazione o meno anche avuto riguardo ad assemblee diverse rispetto a

quelle mirate al supercondominio.

Ottimo l’inserimento dell’ultimo comma ove si statuisce che “il nudo

proprietario e l’usufruttuario rispondono solidalmente per il pagamento dei

contributi dovuti all’amministrazione condominiale”.

Aiuterà senz’altro ad evitare quelle perdite di incassi dovute all’estinzione del

diritto di usufrutto, ove l’usufruttuario fosse moroso.

 

Art. 69 disp. att. c.c.

Per poter mutare I valori proporzionali delle single unità espressi nelle

tabelle millesimali occorre l’unanimità dei consensi.

Viene così cancellato il principio di cui alla sentenza del Sezioni Unite della

Cassazione n. 18477/2010 che ammetteva la creazione delle tabelle con

delibera a maggioranza.

Nei casi di possibile modifica a maggioranza di cui al n. 2 della norma in

commento, ossia nell’ipotesi del verificarsi di mutate condizioni di una parte

dell’edificio, viene introdotta la fattispecie in cui: “è alterato per più di un

quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo

condomino”.

Se si è bene inteso, ove le modifiche apportate ad una unità comportino una

variazione del suo valore proporzionale superiore al quinto, possono essere

rivedute le tabelle millesimali vigenti nel condominio.

Non sarà certo agevole fornire la dimostrazione di tale mutamento, né è dato

ipotizzare allorché esso possa concretamente verificarsi.

Finalmente, l’azione giudiziaria mirata ad ottenere la revisione delle tabelle

millesimali vedrà convenuto il solo condominio.

Sarà cura dell’amministratore notiziare dell’avvenuta notifica dell’atto

introduttivo della lite l’assemblea, affinché ogni condomino possa averne

cognizione e deliberarsi al riguardo, ossia decidere se costituirsi o meno nel

giudizio.

Per contro si evidenzia difficile ipotizzare che l’assemblea possa deliberare

la costituzione ih giudizio del condominio.

È sanzionata a pena revoca e di risarcimento danni l’omissione

dell’amministratore della tempestiva convocazione dell’assemblea per le

determinazioni sull’argomento.

L’ultimo comma dell’art. 69, novellato, così recita: “Le norme di cui al

presente articolo si applicano per la rettifica o la revisione delle tabelle per la

ripartizione delle spese redatte in applicazione dei criteri legali o

convenzionali”.

Ovviamente il suo tenore farà discutere a lungo, atteso che è ben difficile

stabile a priori se le tabelle siano o meno conformi ai criteri di ripartizione

delle spese quali dettati dalla legge o dalla convenzione.

Perplessità suscita anche la dizione “tabelle per la ripartizione delle spese

qui utilizzata mentre tutti i precedenti commi dell’art. 69 fanno riferimento ai

valori proporzionali delle singole unità immobiliari”.

Come è ben evidente si tratta di due fattispecie affatto diverse.

 

Art. 70 disp. att. c.c.

Vengono aumentate le sanzioni per le infrazioni alle norme di cui al

regolamento condominiale portandole fino ad Euro 200,00 e fino ad Euro

800,00 in caso di recidiva.

Rimane tuttavia da stabilire che possa erogare tali sanzioni, quale sia il

soggetto deputato a decidere se vi sia o meno un inadempimento ed in

quale misura esso vada sanzionato.

Si è probabilmente aperta la strada ad ulteriori defatiganti contenziosi.

 

Art. 71 bis disp. att. c.c.

Si stabiliscono i requisiti necessari per ricoprire la veste di amministratore

condominiale ma, ingiustificatamente, dalla loro sussistenza vengono

esonerati quei soggetti che amministrano il loro condominio, quale che ne

sia la consistenza.

Forse è una conferma del fatto che l’attività di amministratore condominiale

può essere esercitata in forma professionale o meno.

Tra i predetti requisiti è inserita la frequentazione obbligatoria ad un corso di

formazione iniziale e la partecipazione ad attività di aggiornamento.

Chi verifica e come? Quali sono i corsi abilitanti? Quali sono i soggetti

abilitati a tenere i corsi ed a procedere all’aggiornamento?

Una norma transitoria consente l’esercizio dell’attività di amministratore

condominiale a quei soggetti che già l’abbiano svolta per almeno un anno

nell’ambito dei tre anni antecedenti all’entrata in vigore della legge, con

l’unico vincolo dell’obbligo alla formazione periodica.

Art. 71 ter disp. att. c.c.

L’assemblea può chiedere all’amministratore di attivare un sito internet per la

consultazione di documenti a spese dei condomini.

Art. 71 quater disp. att. c.c.

Viene riproposta la procedura di mediaconciliazione di cui al D. Lgs.

4/3/2010 n. 28, determinando le modalità con cui l’assemblea delibera in

argomento.

Poiché tuttavia la Corte Costituzionale ha già sanzionato l’incostituzionalità

della sua obbligatorietà, si deve concludere che la norma possa trovare

attuazione solo con riguardo ad ipotesi di mediazione facoltativa.

*** ***